«Il cibo è vita, smettiamola di mangiare veleno». Intervista a Valentino Mercati
L’azienda che ha fondato 40 anni fa, Aboca, oggi rappresenta un’istituzione fra le B-corp e le Società Benefit a livello internazionale. Fra Cassandre e consapevolezza, filosofia, scienza, sconforto e malcelata speranza, il ritratto di un innovatore che ha avuto il coraggio d’investire nelle erbe officinali e nell’agricoltura sana, dimostrandone la scientificità
«Ci stiamo estinguendo perché cibo, acqua e aria sono avvelenati». Non ha dubbi, né peli sulla lingua, Valentino Mercati. Laurea Honoris causa in Biotecnologie vegetali e microbiche dell’Università di Pisa, Commendatore dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana, Cavaliere dell’Ordine dei Cavalieri del Santo Sepolcro, Accademico del nobile collegio chimico farmaceutico di Roma, vincitore del Premio Scientifico Letterario Casentino per la medicina nel 2012. Eppure il fondatore di Aboca non sembra interessato a fregiarsi degli innumerevoli titoli conquistati nei suoi quarant’anni d’attività. È sicuramente più interessato a diffondere la conoscenza della natura, dell’agricoltura sana, delle piante officinali da cui è stato folgorato all’inizio del suo percorso. Una scelta coraggiosa, all’epoca, per un imprenditore di successo quale era, quella di investire nella medicina naturale. La storia, sua e della sua azienda, gli ha dato ragione. Oltre 230 milioni di fatturato nel 2019, esportazioni in 16 paesi, oltre 1.500 dipendenti e 10 milioni di euro investiti in ricerca e sviluppo. Aboca, l’azienda che ha fondato alla fine degli anni ’70, è un’istituzione italiana ed europea nel campo della sostenibilità e responsabilità sociale dell’impresa, una delle Società Benefit e B-corp più importanti e di successo. Un impegno culturale, nel vero senso della parola, come dimostrano l’Aboca Museum e la Bibliotheca Antiqua. È una storia che dovrebbe spingere altri imprenditori a seguire l’esempio di questo signore toscano schietto ed erudito, appassionato, pur nel sincero sconforto che manifesta per come stanno andando le cose, che però chiarisce, con una punta di malcelata fiducia: «Faccio la Cassandra per aumentare la sensibilità. Soprattutto dei giovani».
Lei ha partecipato, nel novembre scorso, al Convegno internazionale di agricoltura biodinamica, centrato sull’agricoltura di salute. Ci si può curare cominciando dalla tavola? Che rapporto c’è tra il rapporto in cui trattiamo animali, piante e cibo e la salute?
Dipende se ci consideriamo organismi viventi, cosa che con il mio lavoro faccio da quattro decenni. Se però, come sembra dal ‘400 in poi, ci si ritiene non organismi viventi ma predestinati vicino a Dio, al di sopra della natura, a quel punto forse il cibo, come oggi sta accadendo, non ha più un valore. O meglio, forse ha un valore in termini di “calorie”, ma non ha quell’appartenenza al sistema vivente. Sembra un discorso filosofico, ma in realtà riguarda in modo diretto tutto ciò che è la scienza e la tecnologia attuale. A questo proposito di recente ho partecipato a un confronto con il Cnr nazionale e ho accusato il mondo accademico di oscurantismo.
Perché?
Perché non si prende atto che se siamo dentro la sesta estinzione la prima responsabilità è della tecnica, della scienza. In primo luogo della chimica, degli Ogm. È un’accusa precisa quella che faccio. Il cibo rappresenta la vita. Sono tre gli elementi a cui dobbiamo la vita: l’aria, senza la quale dopo pochissimi minuti si muore; subito dopo viene l’acqua, perché dopo qualche giorno moriremmo; e ovviamente il cibo, perché senza di esso dopo qualche settimana non potremmo vivere.
Se invece prendiamo cibo che è estraneo agli organismi viventi ci illuderemo di mantenerci in vita, ma andremo verso l’estinzione. Come stiamo facendo adesso. Ci stiamo estinguendo perché cibo, aria, acqua sono avvelenati.
Uno dei temi principali, al convegno, è stata proprio la necessità di rivedere questo concetto di scienza. Non ci potrà più essere una scienza che non sia anche scienza dello spirito. Come si colloca Aboca, e lei, in quest’ottica?
Quando parliamo di spirito intendiamo generalmente la coscienza. Ma si tratta di un infortunio dell’evoluzione dell’uomo, perché ci posiziona in alto, ci dà l’idea di essere sopra il vivente, vicini a Dio. È questo che è avvenuto da Pico della Mirandola in poi, ma anche con l’Antico testamento e con il Vangelo. Ma lo spirito può essere anche inserito in un discorso di sensibilità animale. Va declinato, volendo, anche in un vegetale. C’è uno spirito dentro il vivente, che non è fatto solo di materia. Anche per quanto riguarda la biodinamica, ci sono delle cose che non capiamo, dei processi, delle intuizioni: c’è uno spirito, anche in quello che non sappiamo.
Di cosa ha parlato con il Cnr?
Di quello che è l’oscurantismo all’interno dell’Accademia. Non so se è oscurantismo per conservare il potere di chi sa il vecchio, senza affrontare il nuovo. Perché non tutti sono disponibili a mettersi in discussione, una volta che compare il nuovo. Spesso l’Accademia, o anche chi insegna in università, insegna quello che già si sa, non si va a cercare il sapere. Dopo l’avvento delle scienze omiche, della genetica, ormai il sapere si modifica a mesi, a giorni, a ore. Sicuramente non si misura più ad anni. Invece l’Accademia tende a insegnare il vecchio per conservare il potere.
Può fare un esempio, per spiegare meglio il concetto?
Oggi sappiamo che la chimica porta nel sistema vivente delle sostanze tossiche non biodegradabili. Si sa con certezza ma non viene fuori. Perché ancora oggi, ad esempio, si insegna a usare l’urea per coltivare i pomodori? Eppure si sa che quell’urea con cui viene concimato l’orto non è biodegradabile. Inquina le falde e si lascia in eredità ai posteri. Si sa tutto questo e non si dice. Ci sono degli stati piccoli, adesso, che minacciano, come anche Aboca vuole fare, di denunciare alla corte dell’Aja come crimine contro l’umanità chi inquina pur sapendo di farlo.
Quindi l’oscurantismo è nei confronti di approcci più puliti, che non usano la chimica?
Non li definirei in modo così tenue. Direi approcci che sono contro l’umanità, contro il vivente, per i cavoli propri. Quella che oggi si chiama nutraceutica, l’evoluzione del cibo, è oggi contro l’umanità. Come se ne esce? L’uomo non sarà più Homo sapiens, ma sarà Homo digitalis. Io mi rifiuto di accettare questo futuro per i miei nipoti.
Ma lei, che ha fondato Aboca nel 1978, come si è avvicinato alle piante medicinali?
Ero un imprenditore di successo, avevo dei soldi, volevo impiegarli. Volevo entrare nelle biotecnologie. Erano gli anni della prima rivoluzione culturale, c’erano i Verdi in Germania, poi anche in Italia. Ma avevo già evidenziato che le sostanze chimiche erano tossiche. Ecco perché ho cominciato a scegliere le piante medicinali come alternativa ai processi di sintesi. Oggi sono pienamente all’interno del progetto iniziale.
Era a metà tra gli anni ’70 e i pragmatici anni ’80, un periodo non proprio dedito al “naturale”. Com’è stato creare Aboca in quegli anni?
Oggi posso dire, come Aboca, di essere dentro il sistema. È diventata un’azienda farmaceutica già dopo due o tre anni. Se è diventata quello che è, è dipeso in primo luogo dalla fortuna, dagli investimenti, perché avevo soldi sufficienti anche per sbagliare. Nei primi 10 anni c’è stata da parte mia una certa duttilità, nel settore allopatico scientifico non sfondavo, ho dovuto mettermi “il saio dello stregone” e vendere prodotti erboristici. Poi nel 2000 ci fu il primo regolamento sugli integratori. Oggi posso dire di aver trovato delle strade per legittimare la mia visione all’interno del sistema scientifico allopatico.
Si aspettava di conquistare il mercato con il “naturale”?
Oggi siamo ancora in pieno Illuminismo, ma non è una buona cosa.Perché è un Illuminismo fatto per illuminare il piccolo, perdendo di vista il sistema. Il riduzionismo ha fatto tabula rasa di tutto. La vita è un’altra cosa. Il mio segreto è stato prima di tutto crederci. Il naturale non è “bello”,il naturale per l’uomo funziona meglio. È per questo che oggi Aboca funziona, perché possiamo dimostrare che a mangiare una sostanza chimica o naturale, il nostro organismo risponde in modo diverso. Se si mangia una molecola di sintesi o la carne allevata, si mangiano tossine, che poi si ritrovano nel nostro organismo. Lo possiamo dimostrare.
Oggi la tecnica e la scienza ci consentono di poter affermare in modo categorico dei valori che 40 anni fa erano un po’ più complicati da supportare. Abbiamo fatto tanti investimenti in ricerca, per raggiungere questo. E allo stesso tempo è importante leggere il passato.
Ovvero?
Il primo maestro per me è stato Leonardo, autodidatta che prendeva atto dei misteri della vita. E per capirli, mentre Piero della Francesca faceva calcoli matematici, lui disegnava lo specchio. Ci rendiamo conto di cosa voglia dire, disegnare lo specchio? Avere la profondità per capire che siamo stati creati e non possiamo diventare dei creatori. Non possiamo fare concorrenza alla natura. Dimostrarlo è stato un po’ complicato, ma siamo riusciti ad arrivare a questo.
Secondo lei, oggi, tutto questo è stato capito, o si sta cominciando a capire, durante la pandemia? E voi come azienda siete cresciuti?
No, siamo cresciuti meno del previsto. Sono cambiate le esigenze. Se prima si curava la stipsi, ora si cura il sistema immunitario. Ma Aboca ha retto bene, in tutta Europa e nel mondo. A livello economico non abbiamo sofferto molto. Per quanto riguarda la consapevolezza di dove andiamo, direi proprio il contrario. Ovvero, il Covid accelererà l’estinzione, perché nel momento in cui arriveranno i vaccini, ci sarà una corsa agli aperitivi, alla pancia piena, al caldo, al “divertiamoci e facciamo tutto quello che possiamo”. Più allegri di prima. Non c’è una vera riflessione. La pandemia non ci ha insegnato che queste sono le prime avvisaglie di un’estinzione.
Però il consumo di cibo biologico e di integratori naturali sembrerebbe aumentato, forse anche per via della pandemia. Può essere un segno di cambiamento…
Purtroppo però spesso non si sa neanche cosa è naturale e cosa è artificiale. Oggi la questione della naturalità e del sistema vivente così com’è, non frega più un tubo a nessuno. Purché si stia bene.
A questo proposito e collegandomi al discorso di prima sulla scienza, nonostante il dibattito sui cibi bio sia sempre più presente, c’è ancora parte della scienza che ritiene che comprare biologico sia un vezzo, qualcosa di inutile…
Vede, lo sta dicendo lei. Oggi chi sta attento non è né chi è ricchissimo, e spesso nemmeno coltissimo. Sono quelli che hanno ancora un po’ di istinto di sopravvivenza, e qui torniamo al sentire. Il 12% della popolazione cerca ancora di sopravvivere, ha ancora un po’ di istinto. Non sono certo i più ricchi, e direi nemmeno i più colti, è semplicemente la popolazione più sensibile al vivente.
Il lavoro di Aboca, così come quello di chi si batte per l’ecoagricoltura, è un po’ un investimento su questa sensibilità verso il vivente?
La curva della fertilità e quella della mortalità ci porteranno, nel 2050, a essere al massimo 5 miliardi. Alla fine del secolo saremo in fase d’estinzione. Il mio lavoro è soltanto, ritengo, per far sì che chi rimarrà nell’umanità a fine secolo abbia metodi per poter perpetuare la specie. Questo può avvenire, se gli lasciamo processi e metodi per fare agricoltura biodinamica e biologica, o che gli consentano di proteggere il sistema immunitario. Perché siamo dei viventi costruiti dentro il sistema vivente e siamo così da 10 mila anni, abbiamo gli stessi istinti e peli di 10 mila anni fa. E invece il nostro sistema immunitario negli ultimi 50 anni è esploso, oggi si stanno verificando le malattie del secolo. Nei prossimi 50 avremo bisogno di un vaccino ogni due o tre anni, perché avremo un’epidemia ogni due o tre anni. Il sistema immunitario non ce la fa a resistere agli insulti che noi chiamiamo epigenetici, perché sono troppe le sostanze estranee.
Oggi quando si assumono le vitamine di sintesi, magari contro il Covid, uccidiamo il sistema immunitario senza saperlo. Andiamo a spendere soldi per la vitamina C, non prendiamo un limone e lo schiacciamo, compriamo vitamina C di sintesi. È come estinguersi. Lo sa qualcuno questo?
Credo sia ancora radicata la convinzione, nata e cresciuta da secondo dopoguerra in poi che le cose di sintesi siano migliori…
Esatto. Prendiamo la vitamina D, che oggi va di moda. Quella di sintesi non è biodegradabile. Per tanto quando noi la assumiamo dentro l’organismo, una parte potrà fare anche bene, ma l’altra rimane nel nostro organismo ed è sicuramente una sostanza estranea al nostro metabolismo, che accelera la nostra estinzione.
Come vede l’atteggiamento della nostra politica? Ad esempio, il fatto che la nostra legge sul biologico è ferma in senato da due anni?
Oggi non comanda la politica. La politica è la cinghia di trasmissione del potere economico, finanziario, economico e industriale, pertanto, che cosa dire, non conta. Come ho detto tempo fa in Valdichiana, più soldi si danno all’agricoltura e più soldi ci vogliono per la sanità. Perché l’agricoltura, così com’è, ammazza. Se si allevano gli animali in modo “convenzionale” ci sono tossine, mangiamo carne tossica. Lo stesso con le verdure. Ma i politici cercano il consenso. E pensi a cosa succederà con gli ogm. Qualunque carne o latte noi mangiamo o beviamo è un attentato all’evoluzione, perché sono carni e latte ottenute con sostanze geneticamente mutate e si può dimostrare che quel sistema di influenza epigenetica impatta sul nostro genoma, passa all’uomo. Tra 30 anni moriremo, senza sapere perché, soltanto perché il nostro sistema immunitario è stato influenzato da una genetica fuori dal sistema vivente.
Moriremo come mosche perché avremo un sistema immunitario plasmato anche dalle sostanze Ogm. Faccio la Cassandra, ma sono cose dimostrabili scientificamente con studi. Ma non importa a nessuno.
È uno scenario molto probabile, d’altra parte era stato raccontato già da anni in diversi film, libri…
Non è probabile. È certo. La probabilità è solo rispetto agli anni, cinque in più cinque in meno. Ad esempio, le previsioni che ho fatto per il 2050, circostanziandole con i calcoli, riguardo alla fertilità: diciamo che le coppie oggi fertili sono il 20, 30%, oggi il 70% delle coppie per avere un figlio deve ricorrere alla procreazione assistita, perché la fertilità di uomini e donne è stata ridotta, con le sostanze artificiali e gli interferenti endocrini che circolano nel nostro organismo. E i giovani non sono più fertili. L’infertilità sta aumentando. Ogni anno è peggio. Nei paesi occidentali sta calando la vita media di qualche mese, oggi è 80 anni per l’uomo. E aumentano le sostanze tossiche immesse nel pianeta e tutti gli influssi epigenetici sia termodinamici e elettromagnetici. Mia moglie mi dice sempre che faccio la Cassandra. Lo faccio per aumentare la sensibilità, soprattutto dei giovani. Quante persone giovani vanno dal macellaio e gli chiedono “dammi la carme senza ogm, certificata?”
Forse sta aumentando questa sensibilità…
Me lo auguro. Ho preso una laurea honoris qualche anno fa a Pisa, accusando il senato accademico di oscurantismo. Fino a qualche anno fa contavo sui millennials, oggi più sui giovanissimi come Greta, 15 enni. I 25enni, 28enni sono già dentro il sistema.
Forse la paura della pandemia sta scuotendo qualcosa…
Io del mio ce lo metto. Anche perché posso dimostrare con la mia azienda che il percorso è economicamente virtuoso. Ci sono più soldi.
Fare biologico come lo fa lei è conveniente dal punto di vista economico. Come funziona la vostra filiera?
Funziona perché convive con il resto del vivente. Vuol dire che, ad esempio, le erbe infestanti, sono nostre amiche. Le rispettiamo, sono utili, riequilibrano il sistema. Noi siamo una Società Benefit, questi valori sono nel nostro statuto. E siamo certificati B-corp, un attestato internazionale che riconosce il nostro impegno per l’ambiente e la collettività. E guadagniamo di più, perché condividendo si guadagna di più che non facendosi la lotta.
Mi fa qualche esempio?
Prendiamo la provincia di Arezzo, o Siena o Grosseto. Importiamo per gli allevamenti animali non so quante sostanze ogm. Contemporaneamente abbiamo milioni di ettari di pascoli abbandonati, e animali dentro le stalle che vengono ingrassati, in cattività, per fornirci una carne a basso costo. Compriamo la carne a basso costo ma paghiamo un sacco di tasse. Per tutta questa situazione socio-economica qualcuno paga: paghiamo per i terreni abbandonati, perché qualcuno è disoccupato.
Per una fettina tossica di pochi euro paghiamo delle esternalità pazzesche. In più è una carne che squilibra gli organismi dei bambini, e basta andare all’ospedale Meyer per vederlo.
Un politico che fosse uno che gestisce la polis, che è una cosa diversa da quello che fanno oggi i politici, dovrebbe vietare i mangimi artificiali, vietare la sofferenza animale, analizzare la carne, vedendo quali tossine ci sono. Questo dovrebbe fare la politica. Accuso i sindaci della Valdichiana, perché chiudono gli occhi per non vedere sostanze chimiche che sono contro l’umanità. Per il “bene del popolo”.
Forse è anche un problema dell’imprenditoria, non tutti hanno il suo sguardo…
Io non predico per fare il buono. Dico proviamo la via dei soldi e se la via dei soldi è quella della condivisione, non vedo perché no. Però evidentemente non è “bon ton”. Bon ton è provare ad arrivare “prima”, non condividere. Ma d’altra parte, io ho il modello. E invece allevatori e agricoltori che ci avvelenano, rubano alla comunità e sono anche poveri. Quando li vedo penso che se avveleni i pozzi con sostanze tossiche e sei pure povero, allora sei proprio un “bischero”.
I consumatori possono fare la differenza?
La politica non interviene. Allora può intervenire solo il consumo di base. Se i prodotti bio dal 12% passano al 50% è già una speranza. Non ci salviamo comunque, ma intanto…
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Contatto: Valentina Gentile
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