Valorizzare i grani antichi della Toscana meridionale. A colloquio con il professor Stefano Benedettelli
Un progetto innovativo per ridurre gli input nella coltivazione dei cereali garantendo una migliore fertilità del suolo e adottando tecniche agronomiche basate sulle interazioni tra pianta e microrganismi del suolo. Ne parliamo con uno dei massimi esperti italiani di grani antichi
“La popolazione dei grani antichi della Toscana del sud”. E’ questo il titolo del Progetto Integrato di Filiera (PIF) collegato alla sottomisura 1.2 del PSR “GR.AN.T.S – Grani antichi per la Toscana del sud: elevata qualità nutritiva in una filiera produttiva sostenibile”. Un progetto innovativo del quale abbiamo parlato con il professor Stefano Benedettelli, esperto di grani antichi e docente di Genetica vegetale e miglioramento genetico presso la Scuola di Agraria dell’Università degli Studi di Firenze.
Professor Benedettelli In cosa consiste il progetto?
Il progetto ha come obiettivo produrre alcune popolazioni di frumento tenero e di frumento duro adattate all’ambiente di coltivazione e al tipo di agricoltura a basso input. Il progetto prevede alcuni interventi a livello agronomico per migliorare la fertilità del suolo e per verificare l’interazione suolo/pianta. Le procedure agronomiche adottate sono mirate alla conservazione del territorio e l’ottimizzazione delle interazioni tra suolo e radici, come ad esempio l’uso delle micorrize, per sfruttare l’associazione positiva tra funghi e apparato radicale della pianta. Il progetto, oltre a verificare le performance produttive e qualitative delle popolazioni segreganti, studia come ottimizzare gli interventi agronomici per migliorare l’interazione tra genotipo e ambiente. In pratica, in base al tipo di coltivazione, alla rotazione colturali adottata e al tipo di sovescio, sono state svolte apposite analisi chimiche per esaminare come i fattori fisico-chimici del suolo, determinati con gli interventi agronomici, incidono sulla produttività delle popolazioni di frumento tenero e duro coltivate. La valutazione di queste popolazioni, oltre alla produzione e al grado di adattabilità, si basa anche sulle caratteristiche qualitative come il contenuto di metaboliti secondari, polifenoli, flavonoidi, attività antiradicalica, e sulle caratteristiche tecnologiche, quantità di glutine, il glutine secco e, nel caso del grano duro, l’indice di glutine, dati utili per migliorare le caratteristiche nutraceutiche. Infine, in collaborazione con la Facoltà di Medicina, Dipartimento di Medicina Sperimentale e Clinica, siamo andati a verificare gli effetti su alcuni pazienti sani. Questo è stato fatto attraverso l’analisi della variazione della composizione del microbiota intestinale di soggetti che hanno mangiato i prodotti realizzati con le popolazioni di frumento in prova.
Quali varietà di frumento avete utilizzato?
Le varietà di frumento utilizzate sono varietà antiche caratteristiche della Toscana come il Verna, il Sieve, l’Autonomia A e l’Autonomia B, l’Inallettabile, il Gentil Bianco, il Gentil Rosso, il Bianco Nostrale e l’Andriolo per quanto riguarda il grano tenero. Per il duro invece abbiamo utilizzato il Senatore Cappelli, l’accessioni di Turanici (Khorasan) della collezione USDA ARS (United States Department of Agriculture National Plant Germplasm System), il Russello e il Russia siciliani. Quello che abbiamo fatto negli ultimi anni è stato realizzare degli incroci fattoriali tra queste varietà in modo da poter costituire una generazione il più possibile segregante. Le centinaia di migliaia di genotipi ricombinanti che ne sono derivati sono, poi, stati coltivati in diversi ambienti per indagare la loro capacità di adattamento. La parte più critica del nostro lavoro è stata quello di individuare i parentali che potevano garantire alcune caratteristiche specifiche e, soprattutto, che avessero la capacità di trasferirle alla progenie, la cosiddetta attitudine alla combinazione.
Quali sono le caratteristiche che dovevano avere queste popolazioni di grani antichi?
Le varietà antiche danno ottimi risultati per quanto riguarda le caratteristiche nutrizionali e nutraceutiche ma tendono ad essere poco produttive e ad avere ridotte capacità di adattamento negli ambienti diversi rispetto a quelli in cui sono state selezionate. L’idea era di produrre un pool genico segregante, con più incroci messi insieme, da affidare agli agricoltori per coltivarli in diverse località. In pratica si tratta di una selezione naturale combinata ad una selezione da parte dell’uomo per avere popolazioni che si evolvono e, quindi, si adattano ai vari ambienti dove vengono coltivate. L’eterogeneità che caratterizza queste popolazioni garantisce la capacità adattativa, mantenendo un’elevata variabilità genetica che garantisce la migliore salvaguardia della biodiversità, cosa che con le varietà moderne non è garantita, dato che sono costituite da un unico genotipo. Avere popolazioni variabili geneticamente permette di avere individui che possono tollerare diversamente gli stress, sia quelli biotici, indotti da altri organismi, che quelli abiotici, indotti da carenza o eccesso di fattori di natura ambientale. Quindi una popolazione, in tutto il suo insieme, ha una capacità adattativa completamente diversa dalle varietà moderne. Una delle critiche che viene spesso fatta ai grani antichi è che non hanno le caratteristiche tecnologiche adeguate a ottimizzare quantitativamente i processi di panificazione e di pastificazione. Nel progetto si cerca di considerare anche le esigenze dei trasformatori, producendo un grano che attenua molto queste problematiche.
Il progetto prevede anche il coinvolgimento diretto degli agricoltori?
Sì, nel progetto sono state arruolate delle aziende agricole toscane localizzate nel grossetano e nell’aretino. Stiamo lavorando in particolare con l’azienda agricola Cini Francesco e l’Azienda agricola Tenute di Fraternita della provincia di Arezzo e con l’azienda agricola Vecchioni Giovanna e l’azienda agricola Il Sorbo in provincia di Grosseto. Sono aziende con caratteristiche pedoclimatiche diverse le une dalle altre, proprio per vedere come le interazioni tra ambiente, il tipo di coltivazione e i genotipi possano influenzare le caratteristiche delle farine e delle semole.
Cicca sull’immagine e scarica il modulo per iscriverti al seminario
In quale fase del progetto siete?
Siamo quasi giunti al termine. Stiamo analizzando tutti i dati raccolti e a breve presenteremo i risultati in alcuni seminari. Il primo ha come titolo Effetti del clima sulla produttività del frumento tenero e duro e si terrà il 16 aprile dalle ore 16:00 alle ore 20:00. Il secondo sarà sull’Influenza dell’interazione genotipo ambiente sulla produttività (tecniche agronomiche di precisione) e si terrà il 28 aprile sempre allo stesso orario. Per questi primi due seminari le relatrici saranno le dottoresse Carolina Fabbri e Gloria Padovan del dipartimento Scienze e Tecnologie Agrarie, Alimentari, Ambientali e Forestali dell’Università di Firenze. Seguiranno poi altri due seminari il primo dal titolo Interazione suolo pianta e miglioramento genetico che si terrà nel pomeriggio del 14 maggio, nel quale interverranno, oltre a me, Giacomo Pietramellara, docente di Chimica agraria all’Università di Firenze, il biologo Alberto Masoni e Roberto Ceccuzzi, del Consorzio Agrario di Siena. L’ultimo seminario dal titolo Metaboliti secondari, caratteristiche tecnologiche e nutrizionali dei frumenti e implicazioni sulla salute si terrà il 28 maggio sempre dalle ore 16:00 alle 20:00 e, oltre al mio intervento, ci sarà anche quello di Francesco Sofi, del Dipartimento di Medicina Sperimentale e Clinica dell’Unifi.
Ci può anticipare alcuni risultati?
Per ora posso dire che per quanto riguarda la caratterizzazione dei grani duri le popolazioni individuate hanno la capacità di essere digeriti meglio, hanno un potere antiossidante più alto e una ridotta capacità infiammatoria e sono, quindi, più tollerate dal nostro organismo. Le popolazioni segreganti hanno dimostrato di avere caratteristiche nutraceutiche migliori rispetto anche ai parentali da cui derivano, che, a loro volta, erano molto più performanti delle varietà moderne. Sarà molto interessante verificare se questi risultati positivi sono confermati dalle analisi fatte sul microbiota intestinale delle persone che hanno mangiato i prodotti realizzati con il grano in prova nel progetto.
La sperimentazione sulle popolazioni è una frontiera innovativa, a che punto è la normativa in questa materia?
Le popolazioni sono caratterizzate da un materiale eterogeneo che, con l’attuale legge sementiera, non potrebbe essere iscritto al registro. In realtà, il MIPAAF ha avviato una sperimentazione basata sull’iscrizione al registro delle popolazioni. Questa è avvenuto in un periodo di circa quattro anni e attualmente è chiusa, bloccando di fatto la registrazione delle popolazioni. La sperimentazione, avviata dall’Unione Europea e recepita dal Ministero ha permesso l’introduzione delle popolazioni come nuove varietà e in Italia ci sono state diverse iscrizioni tanto da risultare tra gli Stati che ne hanno registrate di più. Nel prossimo futuro, all’inizio del 2022, con l’entrata in vigore della nuova legge sementiera per l’agricoltura biologica, sarà possibile la commercializzazione di varietà eterogenee, e quindi di sementi con un grado elevato di diversità genetica. Si riaprirà, quindi, per l’agricoltura biologica la possibilità di commercializzare le sementi delle popolazioni.
Scarica i moduli e iscriviti gratuitamente ai seminari del progetto
- 16 aprile, ore 16.00/20.00 (piattaforma Meet): Effetti del clima sulla produttività del frumento tenero e duro
- 28 aprile, ore 16.00/20.00 (piattaforma Meet): Influenza dell’interazione genotipo ambiente sulla produttività (tecniche agronomiche di precisione)
- 14 maggio, ore 16.00/20.00 (piattaforma Meet): Interazione suolo pianta e miglioramento genetico
- 28 maggio, ore 16.00/20.00 (piattaforma Meet): Metaboliti secondari caratteristiche tecnologiche e nutrizionali dei frumenti e implicazioni della salute
Rispedire a annalisa.baldi@apab.it
Scrive per noi
- Analista, facilitatrice, comunicatrice e ambientalista. Laureata in economia a Firenze con master in Ambiente alla Scuola Sant’Anna di Pisa, svolge l’attività di consulenza dal 2000. È tra le fondatrici, nel 2008 di Contesti e Cambiamenti. Organizzazione, comunicazione e partecipazione le sue aree di intervento. È curatrice di BiodinamicaNews, la newsletter dell’Associazione per l’agricoltura biodinamica.
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