Sovesci

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  • Questo topic ha 7 risposte, 5 partecipanti ed è stato aggiornato l'ultima volta 3 anni fa da Paola Santi.
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    • #1880 Rispondi
      Marco Serventi
      Amministratore del forum

      La Sessione sui sovesci prevista per il 29 febbraio scorso presso l’azienda agricola sperimentale di Montepaldi (FI) voleva essere occasione per un primo confronto sul mondo dei sovescidegli inerbimenti nella gestione delle rotazioni erbacee e delle colture arboree. Moltissimi sono gli studi e le proposte che troviamo in ambito scientifico che affrontano da molti punti di vista le funzioni dei sovesci e delle specie da usare in relazione al tipo di terreno. Dal punto di vista dell’agricoltore è importante lo scambio di esperienze e di ragionamenti fatti nella propria azienda con gli altri colleghi.

      Il sovescio è parte integrante di una gestione della fertilità fondata sulla massima biodiversità armonica possibile che introduca, a partire dalla forza del sole, creazione continua di sostanze e processi nel suolo agrario. La rete radicale, la mutua collaborazione con il mondo microbico, fungino e quello della fauna sotterranea e superficiale sono fattori importanti per osservare, non in modo puntiforme e astratto, il mondo di relazioni che è l’agricoltura. Il gioco dell’agricoltore è infatti osservare e leggerne la complessità e quindi agire e poi osservare quel che accade traendo un’immagine complessiva e dinamica della propria azienda e dell’ambiente in cui è inserita.

      La gestione a favore della massima biodiversità possibile complica un po’ la conduzione agricola e la vita dell’agricoltore, e va esattamente in direzione contraria a quella industriale della massima riduzione possibile delle variabili. Siamo all’inizio di un percorso che è partito dai primi anni del secolo scorso con le prime aziende biodinamiche in nord Europa e che ora è storicamente divenuto urgente intensificare e organizzare a fronte del disastro portato sul pianeta dal riduzionismo scientifico e dal meccanicismo esasperato con cui ogni essere vivente viene concepito e isolato dalla scienza industriale.

      La presenza animale, il compostaggio biodinamico, l’uso intensivo e regolare dei preparati trova nel mondo dei sovesci un aiuto formidabile per allontanarci dall’attuale soglia irreversibile dell’1% di sostanza organica, cui corrisponde l’annullamento del processo umico in quasi tutti i suoli agrari.

      Modalità, ritmi, specie seminate, tipo di macchine agricole usate e relative lavorazioni sono tutti fattori da esaminare, conoscere e su cui scambiarsi esperienze, ricerche e punti di vista.

    • #2122 Rispondi
      Enrico Gabrielli
      Partecipante

      Salve.
      Mi butto e provo a rompere il ghiaccio!
      Enrico Gabrielli, tecnico consulente, o come io preferisco definirmi “facilitatore” in campo.
      Esattamente il 7 febbraio ho partecipato al convegno finale del progetto CoCrop dell’Università di Milano, progetto dell’azione 16 del PSR Lombardo. Il convegno finale era a Landriano, Pavia, nella azienda sperimentale dell’Università di Milano, a poche decine di km dalle zone che di lì a pochi giorni sarebbero diventati la prima zona rossa d’Italia. La stanza del convegno era affollata.
      Io sto bene e spero che molti dei presenti di quel giorno siano in salute!
      Il progetto CoCrop, che io ho avuto modo di seguire in tutte le visite in campo pubbliche, aveva anche un test senza uso di diserbanti, ma era un progetto non dedicato all’agricoltura biologica: ma si sa è sempre interessante seguire delle prove sui sovesci, che sono purtroppo poco frequenti in Italia.
      Il convegno finale aveva degli inviti di confronto, anche da progetti invece dedicati al biologico. In particolare un progetto pilota della misura 16, sempre del PSR Lombardo, dal titolo “CSA-MeS-Bio” ovvero “Colture di Servizio Agroecologico per la coltivazione di Mais e Soia in agricoltura Biologica”.
      Potete trovare la pubblicazione con i risultati a questo link: http://comabcoop.it/documenti/lineeguida_psr.pdf
      Visto il tempo a casa ho potuto dedicare del tempo a studiare, e così ho studiato anche questa pubblicazione, tra le tante.
      Sono incappati in due anni sfortunati per le prove: gelo e piogge primaverili. Ma si sa ormai le annate climaticamente sfortunate e soprattutto difficili da prevedere sono ormai la normalità.
      Le prove erano dedicate all’uso di cover crop (leguminose antecedenti il mais, cereali antecedenti la soia) con l’idea di non interrarle prima della coltura principale.
      I risultati, ancorché da leggere sulla base delle due annate (2016/2017 e 2017/2018), sono interessanti: le due prove andate meglio sono quelle dello strip-till dopo roller-crimper, e quella di un Taarup (direi una falciacondizionatrice mi pare di capire) a 7 cm di altezza: questa seconda modalità per certi versi ricorda quella di Wenz, no?

      Un cordiale saluto dalla provincia di Modena

      Enrico Gabrielli

      • #2181 Rispondi

        Grazie Enrico per il tuo contributo, hai colto lo spirito della comunità di pratica, è un ambiente creato apposta per scambi utili a creare il massimo delle relazioni tra tutti quelli che sono interessati all’agricoltura biodinamica.
        Vogliamo valorizzare e far conoscere sempre di più questo metodo e le sue grandi potenzialità.
        A breve uno dei moderatori risponderà al tuo messaggio

      • #2192 Rispondi
        Marco Serventi
        Amministratore del forum

        Buongiorno Enrico!
        Grazie per il tuo post. Trovo interessante da diversi anni l’uso del roller crimper per allettare i sovesci misti soprattutto nelle colture permanenti tra i filari. Così come anche per le erbacee le trasemine consociate.
        Leggendo l’articolo mi viene da pensare che il tentativo di mettere a confronto i risultati sul mais (che oggi è selezionato, conformato e adattato alla nutrizione via soluzione circolante e non a quella umica) confrontando le varie tecniche dal punto di vista solo di azoto e altri parametri nel percorso fino al parametro quantitativo finale escluda considerazioni sul medio e lungo termine rispetto al “motore umico” che avviandosi capitalizza forze nutritive per il futuro non solo delle nostre colture isolate, ma “insieme” alla biodiversità erbacea e radicale che per noi è la base per una fertilità a basso impatto energetico.
        L’impostazione biodinamica mira a incrementare la biodiversità radicale e quindi la massima biodiversità dei relativi attori delle rizosfere specifiche in modo da costituire una riserva reattiva e adattativa per la creazione di fertilità per le specie che vogliamo rendere produttive per noi. In questo senso l’introduzione di sostanze nel suolo dev’essere sempre a misura della comunità vivente del sottosuolo. Spargere liquami o letami tal quali ha u impatto che va valutato nella complessità e nel medio e lungo termine rispetto alla formazione e stabilizzazione dei processi di costruzione del colloide umico e argillo-umico. Anche le lavorazioni sono legate al solo introdurre nel suolo nel giusto momento e con la delicatezza del caso luce e aria per rendere i nostri “lavoratori” e amici del sottosuolo nelle condizioni migliori per riprodursi, operare e collaborare con il sistema-campo.
        Di qui la presenza di erbe spontanee come la loiessa citata che in un sistema iniziale può apparire concorrenziale con la coltura e quindi consumatrice di azoto, in realtà nell’obiettivo di una popolazione molto più complessa nel medio e lungo termine può divenire una delle popolazioni endemiche riequilibrata dalla presenza nel tempo di una più vasta biodiversità.
        Nell’articolo mi è parso interessante il doppio uso del rullo e del trincia. Nei frutteti e nei vigneti sto proponendo da tempo una rullatura con ROLLER CRIMPER che rimane piegato per tutta l’estate e poi si dissecca e al ricaccio trinciare e riseminare, il tutto con uso intensivo di 500k alla piegatura, e alla rinciatura. Il 501 io personalmente l’ho usato anche sui sovesci in passato, perché trovo sia utile.
        La ricerca mostra che le macchine non sono adeguate per la semina su sodo con le cover crop e quindi molto c’è da fare. Naturalmente sorvolo sulle considerazioni legate all’alimentazione zootecnica espresse in premessa. Non si tratta infatti di trovare il modo di rendere sostenibile e competitivo il modello di allevamento “bio” rispetto a quello industriale.

    • #2814 Rispondi
      Matteo Di Mattei
      Moderatore

      Ciao Valentina, Marco S. ed Enrico,
      anzitutto un caro saluto a tutti e finalmente riesco ad essere attivo anch’io sul forum nella sezione sovesci, tematica che, come ben sà Marco Serventi, nel mio ruolo di Tutor dell’Associazione per l’ Agricoltura Biodinamica, nel seguire le aziende BIO che scelgono di “convertirsi alla Biodinamica”, mi è molto caro e su cui “batto pesantemente” nel periodo di conversione.
      Grazie mille Enrico per il tuo post che ho trovato molto interessante e per il contributo aggiuntivo di Marco, soprattutto sull’ aver posto l’ accento sulla visione del sovescio come portatore e parte integrante della Biodiversità e non ridotto al suo “mero ruolo” tecnico……….
      Auspico fortemente che questo forum diventi luogo di confronto e di crescita dato che, ad oggi, l’ incontro personale è ancora limitato e difficile.
      Mi piacerebbe molto che i colleghi agricoltori portassero a tutti quanti la propria esperienza nell’ uso dei sovesci, indipendentemente sia essa buona o fallimentare: ho notato spesso una sorta di diffidenza da parte degli agricoltori rispetto ai sovesci, visti appunto solo come strumento e non come elemento della struttura biodiversa dell’ organismo aziendale. Si ragiona spesso solo su quando semino, quando trincio e quando interro………spesso non c’è la visione del sovescio come coltura “perenne” stagionale da lasciare vivo, alimentare e proteggere soprattutto laddove è possibile farlo. Nella mia esperienza di azienda agricola Biodinamica produttrice di ortaggi, da anni sperimento con grande soddisfazione, la presenza del sovescio controllato intra filare negli ortaggi……impareggiabili risultati rispetto alle tradizionali gestioni!
      Insomma, confrontiamoci…….
      Buona giornata e buon lavoro a tutti

      Matteo

    • #3673 Rispondi
      Paola Santi
      Moderatore

      ciao ilda
      spero di aver messo a fuoco tutta la tua descrizione del problema. lingua di vacca si manifesta come pianta idromorfica, spesso si dice che c’è in presenza di eccesso di azoto ma è soprattutto la mancanza di aria nel suolo che contribuisce alla sua presenza. le sue radici sono in grado di spaccare il suolo e portare aria. la troverai fino a quando non migliora la situazione poi vedrai che anche lei assieme al convolvolo (che si presenta con caratteristiche simili) germineranno meno. i semi germinano quando ci sono le condizioni per vivere che soddisfano la pianta. devi quindi fare attenzione alle lavorazioni in tempera soprattutto e mettere colture che aiutano la struttura del suolo. detto questo devi ovviamente vedere le tue necessità e pensare ad una rotazione adeguata. per quello che hai già svolto ti passo queste indicazioni: il grano saraceno vegeta bene con ph contenuti quindi se il tuo ph è su 8 circa non aspettarti una coltura rigogliosa e poi vuole terreni drenati. alternativa al mais è il sorgo che richiede meno acqua e che puoi darla agli animali. per il periodo autunno vernino l’avena non è male perchè porta aria nel suolo. l’avena inoltre piace alle galline. se ti serve il radicchio magari puoi dividere il terreno. dopo il radicchio potresti fare un sovescio con rafano che porta aria e con il suo fittone e la sua massa da interrare puo essere un buon sovescio per la successiva coltura invernale (magari un grano tenero o meglio ancora segale). diversa opzione se vuoi mettere delle foraggere invernali annuali che comunque aiutano il suolo come i trifogli con i quali non sbagli mai. al trifoglio puoi infatti far seguire il mai o il sorgo. spero di essere stata chiara ma non esitare a scrivere. ciao

    • #3671 Rispondi
      Ilda Cola
      Ospite

      Salve mi chiamo Ilda e lavoro in Friuli un vigneto che ho convertito a Biologico dal 2016. Non produco vino ma uva di collina (di qualità)da vino. Ho conosciuto anni fa Matteo a Busto Arsizio, forse lui si ricorda di me.
      Qui ho un “seminativo” di circa 0,8 ha, diviso in 3 fette da fossi. Non era contivato da almeno 16 anni, è in fondo valle e termina in una striscia di alberi e arbusti in riva ad un ruscello, il terreno è baulato, prevalentemente argilloso/poco-limoso, ma non presentava ristagni d’acqua. Invece aveva cominciato a ospitare more, arbusti vari e decisamente ogni tipo di malerba. Con l’idea di piantare del vigneto, (tutti i 3 lati liberi ospitano vigneti, di cui uno è mio) due anni fa l’ho fatto scassare in primavera passando il ripper, seguito da una leggera fresatura. Poi è rimasto fermo, solo rasato con la BCS: le quote di vigneto erano per meno di un terzo e si è preferito metterlo altrove. Per cercare di sfruttarlo ed eliminare le maleerbe ho seminato dopo averlo rifresato in superficie un sovescio di avena, segale e veccia l’autunno scorso. Forse a causa della scarsità di pioggia (solo a novembre) non ha prodotto una gran massa verde.
      L’ho lasciato fino alla fine di maggio convinta che al tempo delle prime pioggie di giugno avrei seminato dei girasoli. Per questo è stato Tarruppato e dopo 2 gg interrato con una fresa a disco prestata. Non ho spruzzato il 500 viste le temperature. In seguito viste le pioggie forti di giugno era impossibile seminare, si aveva dovuto optare per il grano saraceno che avrebbe dovuto coprire bene e non lasciare spazio alle lingue di vacca e ai convolvoli che invece hanno prosperato rigogliosi. Adesso il 22, 23 e 24 visto il momento favorevole con fatica è stato fresato con un motocoltivatore, per cercare di ripulirlo e seminare … che cosa? il grano saraceno ormai no? radicchio? prato ? Sicuramente ho fatto degli errori, non è semplice avere qualcuno con l’attrezzo giusto al momento giusto; penso di seminare un terzo di radicchio (ho 14 oche e ne mangiano tutto l’inverno) e non so per gli altri 2 terzi. tra 1 mese arriverà un asinello ma li è un po’ isolato per lasciarlo solo, penso di farlo brucare nelle balze tra le vigne che ora devo rasare col BCS fino a che non ricomincerò a trattare le viti l’anno prossimo.
      Che posso fare del seminativo? Conviene mettere un altro tipo di sovescio? L’idea è tenere inerbito o coltivato.
      Sono una vera principiante: ho sparso il 500 dappertutto fino ad ottobre scorso ma in primavera non ce l’ho fatta, rifarò il cumulo a settembre dopo averlo fatto 3 anni fa troppo piccolo per 4,5 ha di vigna. Ho le galline in vigneto e le oche, non mucche perchè non potrei cedere i vitelli maschi al macello…questo però non c’entra…mi piacerebbe arrivare all’autosufficenza (tipo un po’ di mais e di grano per noi e gli animali) Grazie dei vs consigli, Mandi
      Ilda

    • #6100 Rispondi
      Paola Santi
      Moderatore

      ciao emiliano,
      ti ringraziamo per la tua domanda che è molto interessante. se hai circa 60 piante disporrai di circa 2000 mq. prima di tutto considera che una gallina necessita dai circa 10 ai 15 mq complessivi (con turni di circa 30 giorni per area). secondo punto importante è che il sovescio deve poter svolgere la sua funzione e quindi sviluppare il suo bel apparato radicale. a questo punto quindi devi tenere in considerazione il tuo numero di galline per comprendere se possono distruggerti il sovescio o se invece il sovescio può svolgere tranquillamente la sua funzione. in ogni caso la turnazione è fondamentale perchè avrai visto che quando le galline sostano troppo in un’area si mangiano tutto. potresti anche pensare ad un inerbimento permanente con una turnazione. spero di averti tolto qualche dubbio ma se non fosse cosi scrivici pure.

      • Questa risposta è stata modificata 3 anni fa da Paola Santi.
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