Il Segretario di Stato americano Sonny Perdue e la ministra Teresa Bellanova durante l'incontro bilaterale

Il Segretario di Stato americano Sonny Perdue e la ministra Teresa Bellanova durante l'incontro bilaterale

A volte ritornano. Mentre la Gran Bretagna salutava l’Ue, con il mesto ammaina bandiera celebrato la settimana scorsa a Bruxelles, scattava l’offensiva del governo statunitense verso un obiettivo che sembrava perduto: quello del Ttip, il Trattato transatlantico per la liberalizzazione del commercio, accantonato nell’estate del 2016 quando i leader europei (Macron in testa) avevano definito incompatibili le mire dell’amministrazione Obama con i parametri economici, sanitari e ambientali dei 27 di allora.

I negoziati del Ttip erano partiti nel 2013 e poi sono stati interrotti nel luglio 2018. L’anno scorso un nuovo tentativo

Adesso però sul tavolo della Von der Leyen la grana si ripresenta con rinnovato vigore, vista sia la baldanza di Trump in materia di liberalizzazione, sia lo scomodo vicinato con la Gran Bretagna che s’appresta a svolgere un ruolo da supereroe (sono le parole di Boris Johnson) del mercato senza regole.

Fatto sta che Sonny Perdue, il Segretario di Stato all’Agricoltura, è sbarcato con ottimo tempismo a fine gennaio da Washington per cercare buoni uffici nel Vecchio continente a favore del Ttip due punto zero, chiamiamolo così: una riedizione del vecchio negoziato che aveva già ottenuto nell’aprile 2019 il via libera della Commissione nonostante la caparbia contrarietà, ancora una volta, della Francia. Il momento cruciale però è adesso, quando la minaccia dell’impeachment sembra fugata e Donald prova a planare verso le presidenziali d’autunno con l’accordo transatlantico in tasca. Ci riuscirà?

Una sponda intanto gliel’ha fornita la ministra Teresa Bellanova che ha salutato l’incontro bilaterale con mister Perdue, avvenuto al Mipaff la settimana scorsa, con parole di miele: «Per il made in Italy agroalimentare gli Stati Uniti sono un importante partner commerciale: il 10% delle nostre esportazioni e il 7,5% delle importazioni sono frutto dei rapporti di scambio tra Italia e Usa. Non possiamo e non dobbiamo correre il rischio di mettere in discussione queste relazioni». Tanto da garantire l’endorsement sul capitolo più problematico del possibile accordo, quello che riguarda le manipolazioni genetiche di nuova generazione, bisognose anch’esse di un rapido lifting sociale: «Penso in primo luogo alla collaborazione in ricerca e innovazione, con particolare riguardo alle tecniche innovative di genomica vegetale – ha aggiunto la ministra – Stiamo lavorando anche a livello europeo per fare una netta distinzione tra queste tecniche e le modifiche genetiche transgeniche».

Un paio di giorni prima del resto l’inviato della Casa Bianca aveva scoperto le carte al cospetto dei Commissari alla Salute, all’Agricoltura e ovviamente al Commercio: «Quando si tratta di alimenti le decisioni vanno prese sulla base di ciò che ci dice la scienza e credo che anche i politici europei la pensino così» è la dichiarazione che ha rilasciato alla rivista Euractiv. Aggiungendo, a proposito delle nuove biotecnologie agrarie, basate appunto sul “genoma editing”:

«Come politici abbiamo la responsabilità di dire chiaramente al pubblico che questi non sono strani tipi di geni Frankenstein, ma solo l’accelerazione di una tecnica di selezione e incrocio naturale».

Mele, pere e quant’altro di genuino si produca in Europa, insomma, passino pure sui mercati americani senza la tagliola dei dazi (il principale strumento nelle politiche statunitensi di questa fase) purché i 27 di oggi allarghino le maglie sul principio di precauzione ereditato dall’Earth summit di Rio del ‘92 e regolato dal glorioso articolo 191 del Trattato di funzionamento dell’Unione. Riportando per di più l’agricoltura nell’ambito del nuovo Ttip diversamente da quanto concordato durante le intese negoziali di dieci mesi fa.

Il Commissario europeo per l’agricoltura, Janusz Wojciechowski
Il Commissario europeo per l’agricoltura, Janusz Wojciechowski

Quale la posizione di Bruxelles, dunque, difronte a questa proposta? Ci rincuorano le parole del Commissario all’Agricoltura, il polacco Janusz Wojciechowski, che dalla Settimana verde di Berlino ha espresso l’auspicio che il biologico in Europa sia la norma. Ci preoccupa, al contrario, l’accondiscendenza con cui certe prospettive si fanno strada in casa nostra, dove la tipicità, l’indicazione di provenienza e la salubrità che deriva innanzitutto dalle colture organiche rappresentano più che altrove dei fondamentali fattori di competitività. E a indebolirsi sarebbe l’unico elemento di riscatto, dopo l’umiliazione della Brexit, che l’Unione sta mettendo in campo: quello del Green deal che dovrebbe vedere l’agricoltura, l’energia e i trasporti come i comparti in grado di portare l’uomo sulla Luna. Pardon, di centrare l’obiettivo delle emissioni zero in Europa entro il 2050.

Scrive per noi

Marco Fratoddi
Marco Fratoddi, caporedattore di Agricolturabio.info, è giornalista professionista e formatore, si occupa di ambiente, cultura, innovazione, politiche sociali. Insegna Scrittura giornalistica al Dipartimento di Lettere e Filosofia dell’Università di Cassino dove ha centrato il proprio corso sulla semiotica della notizia ambientale e le applicazioni giornalistiche dei nuovi media. Ha contribuito a fondare la “Federazione italiana media ambientali” di cui è divenuto segretario generale nel 2014, fa parte di Stati generali dell'innovazione. Ha diretto dal 2005 al 2016 il mensile "La Nuova Ecologia" di Legambiente, fino al 2018 è stato direttore editoriale della rete di educatori ambientali Weecnetwork. Dirige il periodico d'informazione culturale Sapereambiente e partecipa come direttore artistico all'organizzazione del "Festival della virtù civica" di Casale Monferrato (Al).

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