Coltivare la resilienza. A tu per tu con Concetta Vazzana e con l’agroecologia
L’approccio olistico all’agroecosistema, le prime ricerche intorno al rapporto fra colture e fattori ambientali. Parla la studiosa che ha messo al centro della propria missione l’agricoltura sostenibile. E che parteciperà, il 28 febbraio, al Convegno internazionale di biodinamica a Firenze
Concetta Vazzana è un’importante personalità del mondo dell’agricoltura sostenibile. Nata sul Lago di Garda da mamma fiorentina e padre calabrese, vive in Toscana dall’età di sei anni. Nel ’71, appena laureata in Chimica, riceve a Firenze una borsa di studio del Cnr presso il Centro per i colloidi del suolo della Facoltà di Agraria. Vince quindi un concorso come assistente alla cattedra di Agronomia della Facoltà di Scienze Agrarie e Forestali diventando nel 1983 professore associato con l’insegnamento di Ecologia agraria.
«In quegli anni – racconta – il mio campo di ricerca è stato quello eco-fisiologico e agro-ecologico che, con l’affinarsi della ricerca, è diventato sempre più complesso e interessante».
Anche lei, socio onorario di Agroecology Europe, parteciperà al Convegno internazionale di biodinamica che porterà a Firenze, dal 27 al 29 febbraio, agricoltori, docenti, ricercatori, rappresentanti delle organizzazioni di categoria, esponenti del mondo politico per confrontarsi intorno ad un’idea di agricoltura che generi salute per l’uomo e per la terra.
Parlare di “ecologia agraria” negli anni ‘80 è stato da precursori…
In realtà la cattedra di ecologia agraria c’era anche molti anni fa in alcune facoltà di agraria italiane e si occupava di studiare il modo in cui le colture reagivano ai fattori ambientali. Poi c’è stato un periodo di completa assenza dagli insegnamenti universitari e la disciplina è rientrata completamente diversa nei suoi contenuti, come agroecologia. Quest’ultima prende in esame il sistema agricolo nella sua complessità e, con un’analisi di tipo olistico, cerca di mettere in evidenza le interrelazioni tra i componenti e le loro funzioni per riuscire a rendere il sistema stesso più stabile, più resiliente e nello stesso tempo produttivo nel rispetto dell’ambiente.
Guarda il video con Miguel Altieri, tra le figure di riferimento per Concetta Vazzana
Come si è avvicinata all’agroecologia?
La mia formazione in questo campo è il frutto di un personale interesse per l’ambiente in tutti i suoi aspetti ma anche dello scambio di esperienze e idee con ricercatori italiani e stranieri, interessati a portare avanti ricerche sull’agricoltura a basso impatto ambientale. Tra gli altri voglio ricordare Miguel Altieri, dell’università di Berkley in California, il primo studioso a dare corpo all’agroecologia moderna che, attraverso i suoi libri, ha divulgato l’agricoltura sostenibile a partire dagli anni ’80. Con Miguel ho avuto frequenti contatti anche grazie ai molti studenti che ho potuto mandare a fare esperienze presso il suo gruppo di lavoro negli Usa tramite il Progetto Erasmus. Ma la mia forte riconoscenza in questo processo di formazione agroecologica va a Peter Vereijken, un ricercatore olandese che si è sempre interessato di sistemi di coltivazione sostenibili. È grazie al suo esempio e al suo incoraggiamento che nel 1991 ho iniziato tra grandi difficoltà una esperienza che oggi consente alla Scuola di Agraria di Firenze di gestire uno dei più importanti, e longevi esperimenti di lungo termine del Mediterraneo: il Long term experiment “Molte”, attivo presso l’Azienda Agricola Sperimentale Universitaria di Montepaldi a San Casciano Val di Pesa.
In cosa consiste?
È un dispositivo sperimentale che consente di valutare sul lungo periodo sistemi di gestione alternativi a quello convenzionale intensivo e determinarne la sostenibilità attraverso un approccio olistico che analizza tutte le principali componenti dell’agroecosistema. I risultati di questo esperimento ”permanente” ci permettono di fornire indicazioni sulle migliori pratiche colturali e su una gestione equilibrata di tutti gli input aziendali. Tra l’altro ci permettono di utilizzare modelli che simulano, per esempio, gli effetti delle tecniche utilizzate sul ciclo del carbonio e dell’azoto, un aiuto importante per gli agricoltori nel prendere decisioni per migliorare la fertilità dei loro suoli. L’esperimento “Molte” di cui sono stata responsabile per più di 25 anni fino al mio pensionamento due anni fa, ora è affidato al professor Cesare Pacini e alla sua squadra di giovani bravi e motivati.
Suoi studenti, immagino. A questo proposito: com’era vista l’agricoltura biologica in quegli anni? E da parte degli studenti c’era interesse?
Ho avuto la fortuna di insegnare a studenti motivati, aperti e ricettivi e l’ecologia agraria a è sempre stata percepita da loro come innovazione e come una scelta etica, in molti hanno deciso di seguire le mie lezioni. Certo alcuni dei miei colleghi all’inizio mi vedevano come una “alternativa” e l’insegnamento di ecologia era considerato forse poco compatibile con una facoltà tradizionale…
Concetta Vazzana interviene al convegno “Agroecologia per l’agricoltura biologica”
(Firenze, 15 novembre 2019)
Torniamo a questo esperimento di lungo termine. In quasi trent’anni di sperimentazione qual è il risultato che l’ha sorpresa di più?
Il fatto che siamo riusciti a produrre rendendo il sistema via via più complesso e resiliente. Le piante coltivate con metodo biologico, ad esempio, hanno dimostrato una maggiore resistenza agli stress idrici, come siccità o troppa abbondanza di piogge, grazie ad una più complessa gestione dell’acqua da parte dell’apparato radicale e per effetto della sostanza organica del terreno. Mi ha sorpreso l’incremento della biodiversità sia pianificata che associata e il modo in cui si è sviluppata in maniera armoniosa negli appezzamenti coltivati con tecniche sostenibili. Noi siamo intervenuti in maniera “importante” sulla biodiversità pianificata solo impiantando una siepe multistrato di delimitazione tra gli appezzamenti e, grazie a questa, c’è stato un incremento notevole d’insetti utili. Ma anche a livello del terreno la biodiversità è aumentata, con una comunità microbica molto più complessa di quella che c’era originariamente.
I terreni del biologico e del convenzionale sono quindi delimitati solo da una siepe? Si può fare un “vero” biologico accanto ad un’azienda che utilizza pesticidi e diserbanti?
Gli appezzamenti coltivati con metodi di agricoltura biologica sono certificati secondo il Regolamento Europeo che richiede che i punti critici aziendali, ad esempio quelli confinanti con appezzamenti convenzionali trattati con prodotti chimici di sintesi, siano separati, ove possibile, con una siepe per ridurre la possibile contaminazione. Le siepi fanno tantissimo, rappresentano un filtro naturale, da una parte, e una fonte di predatori utili per la difesa delle coltura dall’altra, ruolo che può essere svolto all’interno delle aziende biologiche anche da strisce di essenze erbacee spontanee che delimitano gli appezzamenti.
Parteciperà anche quest’anno al convegno internazionale dell’Associazione per l’agricoltura biodinamica. Come si pone di fronte agli attacchi che la biodinamica costantemente subisce?
Quando ho iniziato a insegnare il sistema biologico non aveva un grande credito e il termine “biodinamico” non faceva parte dei termini usati nell’insegnamento. Io ho iniziato a collaborare con il movimento biodinamico molti anni fa e a mio parere, in passato, il gruppo degli agricoltori biodinamici è rimasto molto chiuso in se stesso e lontano dal confronto con altre realtà.
Da qualche anno il mondo della biodinamica si sta aprendo sempre più alla collaborazione con l’esterno e alla condivisione dei propri metodi e della propria ricerca.
Infatti l’agricoltura biodinamica, tenendo conto in modo approfondito di tutte le interrelazioni che intervengono nell’agroecosistema, specie a livello suolo, apre la strada a indagini molto più ampie e approfondite di quelle che abbiamo realizzato fino ad oggi. Quello che è mancato, in Italia in modo particolare, è stato il confronto con la ricerca accademica e la diffusione dei risultati ottenuti. Per quanto mi riguarda la prima importante apertura ci fu nel 1995 con il Master in Agricoltura biologica e biodinamica che ho organizzato presso la Facoltà di Agraria dell’Università di Firenze in collaborazione con l’Associazione Biodinamica. È stato un evento didattico molto importante, il primo in Italia sulle tematiche dell’agricoltura biologica e biodinamica e ha ottenuto un grande successo. Oggi l’Associazione biodinamica collabora con l’Università in progetti di ricerca di livello nazionale e sono convinta che lavorando insieme ci saranno offerte tante possibilità di approfondire le conoscenze attuali.
L’evento
Non ci sono eventi in questo momento.
Scrive per noi
- Analista, facilitatrice, comunicatrice e ambientalista. Laureata in economia a Firenze con master in Ambiente alla Scuola Sant’Anna di Pisa, svolge l’attività di consulenza dal 2000. È tra le fondatrici, nel 2008 di Contesti e Cambiamenti. Organizzazione, comunicazione e partecipazione le sue aree di intervento. È curatrice di BiodinamicaNews, la newsletter dell’Associazione per l’agricoltura biodinamica.
Ultimi articoli
- Eventi26 Settembre 2022L’impulso dell’Agricoltura Biodinamica in Puglia: agroecologia e ricerca scientifica. Webinar Sezione Puglia. 22 ottobre 2022
- Eventi26 Settembre 2022Le cure verdi in azienda agricola: portare il cosmo nel caos. Webinar Sezione Calabria. 14 ottobre 2022
- Eventi7 Agosto 2022Webinar Sezione Sicilia Proserpina. 24 settembre 2022
- Formazione30 Marzo 2022Il Calendario delle semine e dei lavori – Webinar 2 aprile 2022
2 thoughts on “Coltivare la resilienza. A tu per tu con Concetta Vazzana e con l’agroecologia”