I giorni della locusta. Chiesto lo stato di calamità per la Sardegna

Con oltre 13 mila ettari devastati, l’invasione di locuste che sta flagellando l’isola è la peggiore degli ultimi settant’anni. Sono previsti danni per milioni di euro, che si aggiungono alla crisi che ha già colpito il settore agricolo con la pandemia. Per Coldiretti è catastrofe biologica

Con un’inquietante risonanza biblica è arrivata dopo che la crisi per il Covid aveva già messo a dura prova l’intero comparto: l’invasione di cavallette  in Sardegna secondo la Banca Mondiale è la peggiore degli ultimi settant’anni, a livello mondiale. Grano, ortaggi, foraggi, erba medica e altre colture distrutte, oltre 13mila ettari devastati. Milioni di euro di danni e ora la richiesta dello stato di calamità naturale. È una catastrofe biologica, come la definisce Coldiretti, che ha colpito soprattutto la zona del nuorese cara a Grazia Deledda che qui ambientò il suo Canne al vento. Epicentro è la valle del Tirso e i paesi di Ottana, Orotelli, Oniferi, Orani, Illorai, Bolotana, Silanus e Bultei.

 

Una catastrofe dopo la crisi

L’invasione è stata favorita da un inverno molto mite e con poche piogge. Il più caldo dal 1800, con temperature superiori di 1,1 °C rispetto alla media. Gli sciami che hanno già devastato interi campi e costretto gli agricoltori ad anticipare i raccolti o a destinarli ad alimentazione animale sarebbero arrivati dall’Africa e dal Medio Oriente. 

 

La Scistocerca Gregaria, locusta del deserto
La Scistocerca Gregaria, locusta del deserto (Foto: Wikipedia)

 

Per Coldiretti si tratta di «una vera emergenza che si abbatte sulle imprese agricole colpite già dalla crisi economica generata dal coronavirus, con sei aziende su 10, ossia il 58%, che hanno registrato una diminuzione dell’attività». Dichiara dal canto suo Franco Saba, sindaco di Ottana, uno dei paesi più colpiti:  «Vanno indennizzati i danni attuali e concretizzata un’azione preventiva per evitare che il fenomeno si ripeta nei prossimo anni».

Lotta biologica e interventi programmati

Il danno, essendo purtroppo in corso, non è ancora quantificabile, ma sicuramente si parla di milioni di euro. E ad essere danneggiate non sono solo le campagne, ma anche le città, perché le cavallette colpiscono non solo le coltivazioni in campo, ma anche orti e giardini.

Tra le soluzioni prospettate, ci sarebbero fondi affinché allevatori e agricoltori possano praticare la cosiddetta lotta biologica, con l’aratura del terreno in autunno in modo che vengano distrutte le uova destinate a schiudersi nella primavera successiva.

Il Consorzio di Bonifica chiede inoltre, denunciando la grave situazione dei consorziati, che ci sia una struttura regionale incaricata di programmare gli interventi contro l’azione divoratrice delle locuste.

I danni all’agricoltura e agli ecosistemi

Finora sono centinaia le aziende agricole e gli agricoltori colpiti, che, oltre ad anticipare il raccolto o a destinarlo all’alimentazione animale, hanno bruciato i campi per distruggere i parassiti.

 

Una locusta vista da vicino
Le locuste sono arrivate in Sardegna già a maggio, dopo aver flagellato 23 paesi in Africa, Asia e Medio Oriente

 

I danni quindi non sono solo per l’agricoltura ma anche per gli ecosistemi, anche a causa di eventuali insetticidi usati per combattere le invasioni. A questo proposito è utile ricordare che la Fao negli ultimi anni ha prodotto delle linee guida per la lotta alla locusta mediante Metarhizium anisopliae var acridum, fungo entomopatogeno abbastanza specifico  e innocuo per esseri umani, animali e per l’ambiente.

Stravolgimenti climatici e abbandono delle campagne

L’invasione probabilmente è stata favorita non solo dallo sconvolgimento climatico e dal caldo eccessivo dell’ultimo inverno, ma anche dalle condizioni in cui versano molte campagne sarde, abbandonate da agricoltori e allevatori. Basti ricordare le proteste, abbastanza recenti dei produttori e dei pastori per il prezzo del latte a 70/74 centesimi, che a fronte di un prezzo di produzione di almeno 95 centesimi al litro ha danneggiato e messo in ginocchio chi in Sardegna produce latte di pecora, non garantendo la sussistenza e spingendoli ad abbandonare le terre.

 

La piaga venuta dal deserto

I paesi colpiti nel Corno d’Africa, in Medio Oriente e anche in Asia, sono ben ventitré. Qui la “piaga” delle cavallette ha aggiunto sgomento e disperazione alla situazione già tragica conseguenza della pandemia. Dopodiché la Schistocerca gregaria è arrivata nell’isola mediterranea.

 

Uno sciame di cavallette su un albero
Le locuste hanno un processo di riproduzione e gregarizzazione molto rapido (Foto: Wikipedia)

Sono state le inusuali piogge invernali nel Corno d’Africa e nel Medio Oriente che, favorendo la vegetazione hanno contribuito alla crescita sproporzionata delle locuste, cresciuta in sei mesi di ben 400 volte. Gli insetti hanno potuto così continuare a moltiplicarsi e migrare, come spiega Erik Stokstad sulla rivista Science.

La temibile locusta del deserto è esattamente quella di cui si racconta nella Bibbia, nell’episodio delle Piaghe d’Egitto. Di diffusione asiatica e africana, è adatta a vivere in habitat deserti e aridi e può dare origini a grossi sciami.

Ha una diffusione molto particolare; nella fase solitaria infatti i singoli individui vivono isolati, cercando nutrimento tra gli arbusti, ma quando il loro numero aumenta rapidamente si riuniscono in sciami e devastano la vegetazione in tempi molto brevi.

Le cavallette e la gregarizzazione

Come dimostra uno studio pubblicato da Science, questa singolare tendenza alla gregarizzazione si basa su meccanismo biologico. Il contatto fisico che deriva dalla vicinanza reciproca e dall’essere accalcati fa sì che le locuste inizino a produrre serotonina, ormone che noi associamo al buon umore e all’energia e che per le locuste invece porta proprio alla gregarizzazione. Quindi ad una prima fase di aumento della riproduzione causata dal clima caldo, segue la formazione di sciami molto corposi. E se Coldiretti, a maggio, quando l’invasione è iniziata, aveva parlato degli uccelli predatori come “unica speranza” per arginare la diffusione degli insetti, adesso non resta che chiedere d’urgenza lo stato di calamità naturale.

Pare quasi di vedere Efyx, il contadino protagonista di Canne al vento, scuotere la testa incredulo davanti a questa ennesima catastrofe naturale annunciata.

Scrive per noi

Valentina Gentile
Valentina Gentile
Valentina Gentile è nata a Napoli, cresciuta tra Campania e Sicilia, e vive a Roma. Giornalista, col-labora con La Stampa, in particolare con l’inserto Tuttogreen, con la testata online Sapeream-biente e con il periodico Libero Pensiero. Ha scritto di cinema per Sentieri Selvaggi e di ambiente per La Nuova Ecologia, ha collaborato con Radio Popolare Roma, Radio Vaticana e Al Jazeera English. In un passato non troppo lontano, è stata assistente di Storia del Cinema all’Università La Sapienza di Roma, e ha insegnato italiano agli stranieri, lingua, cultura e storia del cinema italiano alle università americane UIUC e HWS. È cinefila e cinofila, ama la musica rock, i suoi amici, le sfogliatelle e il caffè. E naturalmente l’agricoltura bio in tutte le sue declinazioni, dai campi alla tavola.

Contatto: Valentina Gentile

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