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Lassù nel Mugello, dove il farro è di casa. Federico Galeotti racconta la sua azienda

Un progetto nato nel ’99 che coniuga il recupero di un antico cereale con un messaggio di salute e valorizzazione dell’identità locale. La storia e i valori di Poggio del Farro, un successo italiano a livello internazionale nel segno del biologico

Il progetto Poggio del Farro, azienda biologica di produzione e trasformazione di farro i cui prodotti si trovano sugli scaffali di tutte le maggiori catene di distribuzione italiane, nasce nel 1999 da un’intuizione di Piero Galeotti. Siamo a Firenzuola, in Alto Mugello, non distante dal confine della Toscana con l’Emilia-Romagna, un territorio montano, a circa 800 metri sul livello del mare, caratterizzato da terreni poveri e molto difficili da coltivare perché argillosi e ricchi di scheletro.

 

La famiglia Galeotti si occupa di agricoltura da generazioni e matura un’esperienza nella coltivazione del farro, un cereale antico e rustico che ben si adatta alle condizioni di questo territorio.

La coltivazione del farro non necessita grandi apporti nutrizionali o diserbo e, quindi, il passaggio all’agricoltura biologica avviene in modo del tutto naturale. Risale al 1997 la certificazione secondo il regolamento comunitario, un’epoca in cui questo cereale era ancora un prodotto di nicchia. Seguendo l’esempio della famiglia Galeotti molte altre aziende agricole della zona si convertono alla coltivazione del farro biologico riuscendo così ad aumentare la Sau destinata a questo cereale. Fino ad allora la coltivazione dei cereali nel territorio era stata perlopiù finalizzata all’alimentazione zootecnica ma, venendo via via diminuito il numero delle stalle presenti sul territorio, la coltivazione dei terreni stava subendo una drastica riduzione.

Nel comune di Firenzuola oggi più del 70% delle aziende agricole sono certificate biologiche e la maggior parte coltiva il farro. Questo cereale ha rappresentato, per una zona marginale come questa, un’opportunità di sviluppo e di recupero di terreni che altrimenti sarebbero stati abbandonati.

 

Federico Galeotti è il titolare dell'azienda Poggio del Farro
Federico Galeotti è il titolare dell’azienda Poggio del Farro

Ne parliamo con Federico Galeotti, classe ’71, che dopo una laurea in Scienze Agrarie riceve dal padre il testimone per condurre l’azienda. «Il Farro Monococco, detto anche farro piccolo, è il cereale più antico coltivato dall’uomo. La coltura del farro infatti inizia fin dalla nascita dell’agricoltura. Dall’incrocio del Monococco con un progenitore selvatico nasce poi Farro Dicocco, o farro medio, dal quale a sua volta deriva, grazie ad un altro incrocio spontaneo, il Farro Spelta, detto farro grande. Dal Dicocco e dallo Spelta sono poi derivati, rispettivamente, il grano duro e quello tenero. Un indicatore della primitività di questo cereale è rappresentato dalla protezione che riveste ogni chicco, una cuticola che lo protegge rendendolo molto resistente agli attacchi patogeni. Protezione che il grano, che ha una storia più recente, non possiede».

 

 

Poggio del Farro raccoglie il farro coltivato da circa 300 aziende, per la maggior parte locali e Toscane più alcune nelle regioni confinanti, Emilia-Romagna e Lazio. Dai silos, in cui viene stoccata la materia prima conferita in buccia, il prodotto viene richiamato all’interno dello stabilimento produttivo e, dopo aver subito un processo in linea di pulitura e decorticazione, viene confezionato e venduto. Tramoggia e spietratrice sono le attrezzature che separano i chicchi da eventuali sassi o spighe rimaste intere, arrivando a togliere, con la macchina per la decorticazione, la veste che ricopre il farro. Macchine che lavorano 30 quintali di farro in buccia all’ora. I chicchi non completamente decorticati vengono rimessi nel ciclo. Circa il 10% è farro spezzato che viene recuperato per produrre farina. Nulla si butta, anche le cuticole separate sono destinate agli allevamenti zootecnici.

 

 

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«Quando abbiamo iniziato producevamo quasi esclusivamente farro perlato mentre oggi la richiesta per il farro integrale sta aumentando di anno in anno» continua Federico. «Il farro integrale mantiene la sua cuticola che è ricca di fitoestrogeni, ormoni di origine vegetale che fanno molto bene alla salute, in particolare per la prevenzione delle malattie cardiovascolari. Fino a 15 anni fa il consumo del farro era una piccola nicchia, tanto che i pochi che lo coltivavano lo destinavano all’alimentazione per gli animali. Oggi invece assistiamo ad un incredibile aumento delle richieste e questo è un bene per noi ma anche per la salute di chi lo consuma».

 

Poggio del Farro organizza la Festa della battitura
Fra le iniziative più fortunate di Poggio del Farro c’è la Festa della battitura

 

Poggio del Farro segue l’intera filiera, dalla consegna del seme agli agricoltori al ritiro dell’intera produzione nei mesi di luglio ed agosto, dalla trasformazione e confezionamento del prodotto fino alla commercializzazione.

«Raccogliamo oltre 35.000 quintali di farro all’anno che vengono trasformati in vari prodotti con un giro di affari di circa 10 milioni e 400 mila euro».

 

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È ampia la gamma di prodotti immessi sul mercato: farro in chicchi, naturalmente, ma anche farine, zuppe, pasta, snack e dolci, solo per citarne alcuni. E i prodotti sono suddivisi in base alla provenienza del farro: ci sono la filiera Mugello e quella Toscana, entrambe certificate, ed infine quella Italiana. «Abbiamo dovuto espandere la nostra rete di fornitori perché la produzione locale non era più sufficiente a soddisfare la domanda» spiega Federico.

«Oggi vendiamo in Italia a tutte le principali catene della grande distribuzione organizzata. All’estero specialmente in America, in Australia e in alcuni paesi europei, anche se ora, a causa dell’emergenza sanitaria, stiamo rifornendo solo alcuni retail stranieri mentre il mercato dei ristoranti si è completamente fermato».

 

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Per quanto riguarda i semi Poggio del Farro rifornisce le aziende agricole attraverso una selezione del prodotto conferito. Federico racconta che stanno collaborando con il Dipartimento di miglioramento genetico dell’Università di Agraria di Firenze per andare a selezionare una popolazione da poter certificare. «Il farro è un cereale antico e non esiste una varietà in purezza certificata. Quello che noi oggi coltiviamo è una popolazione formata da tanti individui diversi. Con l’Università stiamo portando avanti una ricerca che ci permetterà di registrare un ecotipo per il farro che permetta di mantenere una più ampia variabilità genetica in modo che il seme si possa adattare a differenti situazioni di stress, da quelle climatiche a quelle dovute ad eventuali attacchi esogeni».

Una storia affascinate quella del farro che, dopo un lungo periodo in sordina, sta riprendendo il posto di primo piano che gli spetta nella nostra alimentazione, grazie anche al lavoro fatto da aziende come Poggio del Farro che in questo cereale hanno creduto e investito.

 

Visita il sito dell’azienda Poggio del Farro

Sito web Poggio del Farro

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Carlotta Iarrapino
Carlotta Iarrapino
Analista, facilitatrice, comunicatrice e ambientalista. Laureata in economia a Firenze con master in Ambiente alla Scuola Sant’Anna di Pisa, svolge l’attività di consulenza dal 2000. È tra le fondatrici, nel 2008 di Contesti e Cambiamenti. Organizzazione, comunicazione e partecipazione le sue aree di intervento. È curatrice di BiodinamicaNews, la newsletter dell’Associazione per l’agricoltura biodinamica.

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