Per una scienza della realtà
Curare il paziente o cercare una verità metafisica nei modelli di laboratorio. L’esperienza della Covid c’insegna che siamo al bivio fra due maniere polari d’intendere la conoscenza. È il momento di scegliere
Il comportamento degli scienziati in questa epidemia ci ha mostrato due vie polari d’intendere la scienza. Da una parte i “teologi” come Cattaneo, Burioni eccetera per i quali il fenomeno è insoddisfacente apparenza e perciò per applicare una cura chiedono di aspettare l’astrazione dal contesto in uno studio randomizzato. Il paziente guarisce, ma per il modello risulta che sia morto e loro, si sa, considerano il modello. Ossia per loro non ci sono errori, poiché la verità va trovata nel campo metafisico, che cercano oltre i fenomeni. In questa prospettiva non ha senso curare il paziente, se non nell’area sacrale, che è la standardizzazione Big pharma.
Guarda l’intervento di Giuseppe De Donno su Tv2000
Dall’altra parte ci sono gli “empirici”, i medici di base per cui il fenomeno è il paziente che vive o muore. Ossia per i terapeuti il fenomeno porta davanti all’idea, in questo caso all’idea di umanità. Costoro affrontano l’errore, ma nel paziente trovano una manifestazione esperita dell’Originale e come tale curano il paziente.
Per i primi la scienza è ideologia che si è ridotta a tecnica, per i secondi è empiria che si può elevare a ideale.
Il caso del dottor Giuseppe De Donno è esemplare. Egli applica la terapia col plasma, un’applicazione culturalmente interna al paradigma vaccinale, che però viene osteggiata con scuse risibili proprio dai fautori del riduzionismo. Alla fine il dottore di provincia mostra che la letalità del Covid-19 può scendere pressoché a zero e manda in crisi il sistema e la prospettiva del grande business.
Guarda la testimonianza di Roberto Polo nel documentario “Legno vivo”
Lo stesso schema si ripete con la questione del disseccamento detto CoDiRO Xylella in Puglia. Un’infezione che diviene l’occasione per eliminare gli alberi secolari e cambiare il paesaggio e il sistema agricolo pugliese verso la produzione superintensiva. La prospettiva è produrre olio di bassa qualità come materia prima a buon prezzo per l’industria. Anche lì i teologi si sono affrettati a giurare “non c’è cura”, gli alberi vanno abbattuti e sostituiti soprattutto dalle varietà brevettate. Non lo hanno dimostrato con i laboratori, ma alla Camera dei deputati, con la bandiera della verità scientifica, contando di affermarla con la più potente verità giuridica, in forza di legge. Insomma una questione in cui si usa la scienza per il potere contro la scienza.
Poi arriva il dottor Marco Scortichini, un ricercatore pubblico, che non è finanziato dalle multinazionali e con un preparato di oligoelementi minerali trova la cura e salva gli olivi. A niente sono valse le accuse di stregoneria, le messe in accusa e gli attacchi per fermarlo: gli alberi trattati col protocollo Scortichini tornano a vegetare e le riviste scientifiche (all’estero) pubblicano i risultati.
Si capisce man mano che lo sfruttamento indebolisce gli olivi e che un buon approccio ecologico li rafforza. Un altro duro colpo per la religione scientista, che si presenta pura ma è piegata al profitto.
Per finire scopriamo che durante l’epidemia i cittadini, senza che nessuno glielo spieghi, comprano più cibo biologico e biodinamico. Un’altra manifestazione della saggezza popolare, grazie a cui i passerotti empirici, hanno gli strumenti per difendersi dalle aquile scientiste. Ma va fatto un passo ulteriore. Noi siamo davanti alla scelta tra una società improntata a una teologia tecnicistica o a una ispirata da un empirismo ideale, dove le idee e il nostro pensare sono sperimentabili.
Rudolf Steiner, nella sua Filosofia della libertà, offrì uno strumento rigoroso per chi, partendo dai fenomeni, volesse la libertà del pensare e la fondazione della scienza su solide basi conoscitive. La Filosofia della libertà, deve diventare un insegnamento popolare. Da questo proviene e dipende il paradigma ecologico di agricoltura, medicina, pedagogia, architettura su cui poggiano le speranze del pianeta.
Scrive per noi
-
Carlo Triarico, storico della scienza, presiede l’Associazione per l’Agricoltura Biodinamica. È vicepresidente di Federbio e direttore dell’Istituto Apab, istituto di formazione riconosciuto. È membro del “Comitato permanente ricerca in agricoltura biologica e biodinamica” del Ministero dell’Agricoltura, editorialista per l’Osservatore Romano e conduttore della rubrica settimanale “Agricoltura? Parliamone” su Radio Radicale. Svolge un’intensa attività di volontariato, divulgazione e insegnamento.
Contatto: Carlo Triarico
Ultimi articoli
- Editoriale1 Marzo 2021Zootecnia biodinamica, ascolta il podcast su Radio Radicale
- Editoriale15 Febbraio 2021Viticoltura biodinamica, ascolta il podcast su Radio Radicale
- Editoriale31 Gennaio 2021Parte il corso di agricoltura biodinamica “Carla Petrotta”
- 36° Convegno di biodinamica7 Novembre 2020A Firenze per la bioagricoltura. Un cammino che prosegue