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Suolo e Salute, emanazione dell’associazione omonima, è l’ente “pioniere” nel settore del biologico tra i 18 organismi di controllo e certificazione italiani autorizzati dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali. Con le sue 19.800 aziende certificate, pari a circa il 27% del totale nazionale delle aziende biologiche italiane, è il primo organismo di controllo e certificazione in Italia. Ci parla di questa storica realtà Alessandro D’Elia, irpino di origine ma trapiantato a Bologna da oltre trent’anni. Dopo una laurea in Agraria e una lunga esperienza come ricercatore industriale in una multinazionale specializzata nella produzione di prodotti per la difesa delle piante approda, nel 2001, a Suolo e Salute come direttore tecnico per 17 anni fino a un anno e mezzo fa, quando diventa direttore generale. D’Elia è anche vicepresidente di Assocertbio, l’associazione che raggruppa i principali organismi di controllo e certificazione italiani del biologico.

 

Alessandro D'Elia è direttore generale di Suolo e salute e vicepresidente di Assocertbio
Alessandro D’Elia è direttore generale di Suolo e salute e vicepresidente di Assocertbio

 

Ci racconta la storia di Suolo e Salute?
L’associazione Suolo e Salute è nata a Torino il 31 marzo 1969. Allora il termine biologico non era stato ancora coniato e si parlava di agricoltura organico minerale. In un periodo in cui si spingeva molto sull’utilizzo della chimica di sintesi in agricoltura e sulla scia delle teorie di Steiner, il professore Francesco Garofalo, docente di fitoiatria dell’Università di Torino, insieme ad altri tecnici agronomi, ma anche con persone della società civile come medici e consumatori, si resero conto che era necessario un cambio di rotta in quanto gli effetti sull’ambiente sarebbero stati molto gravi. E avevano ragione, visto che l’utilizzo indiscriminato di queste sostanze di sintesi si manifesta ancora oggi in maniera persistente sui nostri campi. Solo alla fine degli anni ’70 divenne chiaro che i problemi dovuti all’utilizzo massiccio di diserbanti, fungicidi e insetticidi, per lo più organofosforati ed organoclorurati, non sarebbero stati facilmente risolvibili nel breve periodo.

L’Associazione Suolo e Salute ha promosso, per oltre 50 anni, un altro modello di agricoltura e questo è servito non solo a creare un’opportunità per gli agricoltori più sensibili all’etica della produzione agricola ma ha anche aperto gli occhi a chi invece continuava con l’agricoltura convenzionale.

In questo ambito, già dalla metà degli anni ‘80, infatti, l’agricoltura biologica ha portato a spostare l’asse da un’agricoltura prettamente convenzionale, con la vecchia difesa a calendario, a una più rispettosa per l’agroecosistema, verso l’agricoltura integrata, facendo da traino come stimolatore di coscienza verso la tutela delle risorse e verso il futuro. Fin dal 1992 l’Associazione è stata autorizzata all’esercizio delle attività di controllo e certificazione del metodo di produzione biologica. Nel 2000 è stata costituita la Suolo e Salute s.r.l., emanazione dell’Associazione Suolo e Salute, l’attuale organismo di controllo e certificazione.

 

 

La vostra posizione sul mercato vi pone in un piano privilegiato per fare una analisi delle aziende agricole certificate bio. Ci può descrivere il vostro mercato? E soprattutto è vero che se finissero i finanziamenti molte aziende uscirebbero dal sistema?
Suolo e Salute lavora quasi esclusivamente in Italia e ad oggi certifica 19.800 aziende biologiche e oltre 650.000 ettari di superficie agricola, corrispondente a 1/3 della superficie agricola italiana biologica. Circa 15.000 sono aziende di produzione primaria, 3500 aziende con il doppio comparto vegetale e trasformazione e oltre 1400 di sola trasformazione. Sono oltre 2.500 le aziende zootecniche biologiche certificate. Questo per quanto riguarda il biologico. Poi, considerando gli altri schemi di certificazione dove siamo attivi, a questi numeri dobbiamo aggiungere circa 1.600 aziende certificate per l’agricoltura integrata, circa un migliaio di aziende per le produzioni agroalimentari di qualità Dop e Igp e 500 aziende che certifichiamo per altri standard. Abbiamo competenze e ispettori preparati per svolgere anche attività nel settore della biodinamica. Abbiamo un progetto per svolgere, per conto di una società francese, attività di controllo sulle cantine che producono vino biodinamico. Si spera a breve di partire con una forte collaborazione con Demeter. Inoltre siamo collegati con partner accreditati per le certificazioni dei sistemi di gestione ISO 9001 per la qualità e ISO 14.001 per l’ambiente. Bisogna ammettere che, ancora oggi, una buona parte delle aziende biologiche si certifica perché ci sono i contributi comunitari. Premesso che è giusto premiare le aziende che producono in biologico, è vero anche che per mantenere il futuro del settore bisogna legarlo sempre di più al mercato.

Le aziende biologiche, infatti, offrono un servizio importantissimo soprattutto se si trovano in zone marginali, zone in cui non è facile fare agricoltura, come per esempio le aree dell’Appennino. In Italia abbiamo circa il 23% di aree di pianura e il restante 77% è terreno collinare e montano.

Sono terreni difficili, in cui insistono piccole realtà produttive per le quali il supporto economico dei finanziamenti è molto importante per far fronte alle spese maggiorate che devono sostenere.

 

Guarda il video sulle attività di Suolo e Salute

Queste sono aziende a “rischio di estinzione” e, con la loro scomparsa, si perderebbe il presidio del territorio che vale tantissimo anche ai fini sociali. Queste aziende infatti con il loro lavoro mantengono un territorio producendo delle esternalità positive che mitigano gli impatti dovuti, ad esempio, alle alluvioni causate dal dissesto idrogeologico. Questi servizi sono a beneficio della società ed è corretto che siano in qualche modo retribuiti.

Certamente la scelta del biologico è una scelta del futuro dettata anche dal fatto che i consumatori, che sono sempre più attenti e critici, richiedono questo tipo di produzione.

Il modello produttivo biologico è un modello rivoluzionario per il quale l’agricoltura non è soltanto produttrice di cibo ma anche di tanti altri servizi ecosistemici che i consumatori dovrebbero iniziare a considerare nelle loro scelte. Il processo che dovremmo intraprendere è quello della smaterializzazione del prodotto. Fino ad oggi abbiamo focalizzato l’attenzione del consumatore sul fatto che l’agricoltura biologica, in maniera riduttiva, è quella priva di residui chimici. A mio avviso, negli anni scorsi, abbiamo completamente sbagliato la comunicazione al consumatore, spingendo sulla leva della “paura” di cosa c’è nel piatto, stimolando una scelta egoistica. L’acquisto di un prodotto bio non deve essere guidato da una scelta egoistica ma da una scelta consapevole ed etica. Inoltre, ricordiamoci sempre che il successo del biologico italiano è strettamente legato a un fattore chiave: la distintività. Il nostro biologico deve essere distintivo e strettamente legato al territorio per evitare che diventi una commodities.

 

Il successo del biologico italiano è strettamente legato alla distintività, uno dei valori su cui investe Suolo e Salute
Il successo del biologico italiano è strettamente legato alla distintività, uno dei valori su cui investe Suolo e Salute

 

Secondo la Commissione Europea l’agricoltura biologica è una pratica che deve essere ulteriormente sviluppata con l’obiettivo di arrivare al 25% del totale dei terreni agricoli dedicato al biologico entro il 2030. Crede che questo obiettivo sia raggiungibile?
L’emergenza sanitaria in atto, conseguenza di un cambiamento epocale, metterà a dura prova il sistema produttivo extra-agricolo a livello globale. In questo contesto mi chiedo se potremmo ancora permetterci un’agricoltura che costa quasi il 30% del bilancio totale dell’Unione Europea. Sicuramente il biologico rimarrà una priorità nelle scelte dell’Europa e per quanto riguarda gli obiettivi della Farm to Fork bisogna ragionare su come vogliamo che sia quel 25% di superficie biologica nel 2030. Se per raggiungere il 25% attiviamo delle filiere di poco interesse economico come i prati e pascoli non sarà difficile raggiungere l’obiettivo. Ma la vera sfida va al di là delle percentuali complessive. In Italia oggi abbiamo solo un 2% di superficie bio investita a orticole, il 5% a produzione frutticole, un 15% a cereali biologici, un 14% investita ad ulivo e un 5% a uva da vino. Troppo poco.

Guarda il video sui cinquant’anni di Suolo e salute

 

Come si può incentivare l’incremento di superficie bio nei settori importanti del mercato?
Bisogna attivare le filiere produttive, quelle direttamente rivolte al mercato, mantenendo un’equità di guadagno per i soggetti a monte e a valle, fare investimenti in logistica per ridurre i costi di gestione lungo la filiera e, come spesso si chiede, aumentare la ricerca per innovare i processi produttivi. Allora sì che possiamo dire che si sta facendo un passo in avanti.

Durante questa chiacchierata ci ha parlato spesso di etica. Suolo e Salute, come sta affrontando questo momento particolare legato all’emergenza sanitaria? In questo contesto cosa vuol dire essere un’azienda etica?
Suolo e Salute, seppur in veste diversa, è portatore della tradizione e degli stessi valori che hanno animato l’Associazione sin dalla sua nascita. Questo aspetto è caratterizzante anche nelle scelte quotidiane. La nostra organizzazione ha 19 sedi su tutto il territorio nazionale, 280 ispettori e 130 impiegati tecnici e amministrativi. Nel nostro piccolo, ad esempio, dall’inizio dell’emergenza sanitaria, invece di mettere in cassa integrazione o ridurre il personale abbiamo fatto diverse nuove assunzioni, abbiamo pagato regolarmente i fornitori, pur non avendo avuto incassi regolari, abbiamo deciso di posticipare la fatturazione e abbiamo interrotto il recupero crediti per dare respiro alle aziende controllate in difficoltà. Etica è anche questo. Ognuno deve fare la sua parte e Suolo e Salute, nel suo piccolo, da oltre 50 anni è impegnata attivamente per costruire un futuro migliore.

 

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Scrive per noi

Carlotta Iarrapino
Carlotta Iarrapino
Analista, facilitatrice, comunicatrice e ambientalista. Laureata in economia a Firenze con master in Ambiente alla Scuola Sant’Anna di Pisa, svolge l’attività di consulenza dal 2000. È tra le fondatrici, nel 2008 di Contesti e Cambiamenti. Organizzazione, comunicazione e partecipazione le sue aree di intervento. È curatrice di BiodinamicaNews, la newsletter dell’Associazione per l’agricoltura biodinamica.

1 thoughts on “Etica, cura del territorio, innovazione. Le radici di Suolo e Salute

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